Nelle scuole d’arte, uno degli esercizi propedeutici più comuni è la copia delle opere dei grandi artisti. Tra i miei preferiti vi è sempre stato Egon Schiele, pittore austriaco tra i maggiori artisti figurativi del primo '900, caratterizzato da linee taglienti e incisive, materiche e drammaticamente vive. Ricordo con piacere le ore passate a studiare quel tratto, a riprodurre con maniacale cura lo stesso segno, la stessa pennellata, quasi cercassi di imprimere in ogni cellula del mio corpo il suo stile.
Quell’esercizio era per molti monotono e apparentemente senza senso, almeno fino a quando il professore non ci chiese di ritrarre dal vivo una composizione, rappresentandola dal nostro personale punto di vista. Fu in quel momento che dalla mia mano, lungo la matita e sulla carta vidi fluire un movimento che non pensavo di possedere. Una dopo l’altra si delinearono delle figure disegnate con uno stile che non pensavo di conoscere, una linea che vagamente si ispirava a quella di Schiele ma che in realtà esprimeva tutto il mio io. Ognuno di noi, in quell’istante, provò la sensazione di aver trovato il “se stesso artistico”.
Twyla Tharp, una delle più grandi coreografe viventi, chiama questa capacità “muscle memory”, la memoria dei muscoli. Learn more