Truman Capote, il celebre autore di Colazione da Tiffany, si definiva uno “scrittore orizzontale”: componeva le sue pagine stando steso, con un bicchiere di sherry in una mano e la matita nell’altra. Valdimir Nabokov era invece fissato con le schede: scrisse la maggior parte dei suoi romanzi su cartoncini di 7x12 cm che venivano poi ordinati, pinzati e conservati in sottili scatole.
Il grande oratore greco Demostene, terrorizzato dal vizio di procrastinare, si obbligava a rimanere focalizzato nella composizione delle sue orazioni radendosi i capelli su metà della testa; questo piccolo accorgimento lo faceva apparire ridicolo, spegnendo così il suo desiderio di uscire. Dello stesso avviso era Victor Hugo, che chiedeva al valletto di nascondergli i vestiti affinché fosse costretto a rimanere nelle sue stanze a comporre.
Quelle che apparentemente sembrano bizzarrie da star, manie da prima donna, sono invece delle personali abitudini dettate da un solo desiderio: mantenere alta la creatività. Prima ancora che fantasia e inventiva, creatività significa impegno, disciplina, metodo e abnegazione. Il mito dell’illuminazione improvvisa, quella che ti coglie quando meno te l’aspetti, è stato negli anni rivisto e corretto. Le “lampadine” spuntano ancora nei momenti più inattesi, ma non sono il frutto di una capacità creativa divina o congenita, bensì il risultato di un profondo e attento lavoro di preparazione.